
Muhlleg vs Elofson lo Ying e lo Yang degli sport invernali
Johan Muhlleg gareggiò per la Germania dal 93 al 98 per poi esser espulso per ragioni “comportamentali” ragazzo di buoni prospetti, ma uno dei tanti.
Chi l’ha conosciuto da giovane racconta: “Un giocherellone, matto, sempre allegro forse fin troppo” .
Fino al 1999 quando la Federazione spagnola gli fece ottenere la cittadinanza ed iniziò a vincere tanto e soprattutto su lunghe distanze.
La vicinanza del fratello a cui non sapeva dir di no, che con i suoi successi cominciò a chiedere soldi, lo aveva cambiato era diventato cupo, scuro, intoccabile.
L’apice fu nella coppa del mondo 2000 e nelle Olimpiadi 2002 dove vinse 3 ori in 3 gare 15km, 30km e 50km prodigandosi in un recupero di 14sec nell’ultimo km e nella 30km al via staccò già tutti dopo 7 min su una gara di oltre 70 min.
Raccontano di lui: “Era sgraziato, goffo, era impossibile andare così forte sciando così male era solo potenza e forza; forza allo stato puro!”.
Venne squalificato per doping e gli venne tolto tutto, venne cacciato con innomignia dalle olimpiadi dopo le premiazioni, scrisse un libro e ad oggi non si sa più nulla di lui.
Per Elofson (si si chiama come il sego matematico, ma è svedese quindi…), immaginate di avere un talento cristallino di esser un concentrato tra la forza di Mike Tyson, la resistenza di un corridore Kenyano, i manuali dello sci prendo spunto da lui per descrivere i movimenti.
Immaginate di vincere tutte le gare dei Mondiali Juniores, ma immaginate anche di vincere un misero Bronzo alle olimpiadi che avrebbero dovuto consacrarvi, per colpa del vostro rivale dopato.
Lui stesso racconta: “Mi allenavo così tanto, perchè sapevo che lui sarebbe riuscito a fare di più, perchè lui avrebbe fatto una ripetizione in più o usato 1kg in più. Non mi allenavo per me, ma per battere Muhlleg , tanto che andai in sovra-allenamento”.
Elofson dopo il ritiro di Muhlleg vinse 1 oro 1 bronzo ai mondiali del 2003, ma si ritirò lo stesso anno perchè la depressione lo stava consumando lentamente come se la mancanza del suo principale avversario avesse tolto scopo alla sua vita.